Personalità e destino

Una domanda impegnativa: esiste il destino?

Sogni premonitori, segnali dal cielo, coincidenze che sono troppo strane. In un vecchio film si diceva che i segni sono ovunque, bisogna solo imparare a leggerli. Mi chiedo spesso come si fa ad imparare. E mi chiedo, ammesso che quelli che comunemente chiamiamo “segni” esistano, cosa ci dice che il modo in cui li interpretiamo sia corretto? E se fosse solo tutto il frutto di una suggestione? Se avessimo solo bisogno di credere in una forza, che di solito chiamiamo destino o fato, che ci spinge a scegliere delle strade e a scartarne altre? 
Può darsi… Ma a volte accadono cose che difficilmente si può riferire al semplice caso.

Per capire mi pongo allora una domanda: Perché la nostra attenzione è rivolta proprio all’oggetto che presto diventerà per noi un segno? Mi spiego meglio: perché tra le mille cose che ci passano sotto gli occhi ogni giorno, ci colpisce proprio quello che riteniamo essere un segno?


Credo che a questo proposito esistano almeno due modi di vedere le cose.

# Il primo. Nell’immaginario comune il destino - ciò che del nostro percorso è già scritto, come una biografia scritta a priori - agirebbe tramite una sorta di forza che interviene nei momenti delle scelte importanti, suggerendoci la strada giusta. Funziona più o meno in questo modo: accade che qualcosa attira la nostra attenzione e d’improvviso capiamo che quella cosa non è li per caso. Qualcuno o qualcosa ce l’ha messa li apposta. E’ quello che di solito viene chiamato “segno del destino”. E allora il più delle volte accogliamo il suggerimento e facciamo quella determinata scelta perché... “è destino”, appunto. Riflettiamo un momento su questa espressione: quando la utilizziamo stiamo dicendo che ogni cosa del mondo, ogni accadimento, ci spinge a fare quella certa cosa. Quella, non un’altra! E non potremmo fare altrimenti. E quando invece scegliamo una strada diversa che poi si rivela sbagliata ci dispiace di essere andati contro il nostro stesso destino, nonostante si fosse mostrato così nitidamente. 
A mio avviso, è questo il modo più comune di intendere il destino. Non è la sede per giudicarne la correttezza, ciò che posso dire è che pensarla in questo modo ha certamente alcuni vantaggi. Ci si sente meno soli, per esempio, e più sicuri. Avere il destino dalla propria parte (o essere dalla parte del destino, fate voi) rende un po’ meno complicato fare scelte difficili… Un bel sollievo dalla responsabilità, insomma.





# Il secondo. Forse ai romantici non piacerà. Ma, probabilmente, più che una biografia già scritta che agisce tramite una forza che ci spinge verso delle mete, il destino è proprio la forza stessa. Con la differenza che questa forza non viene dall’esterno, ma da dentro. Da desideri inconsci e disposizioni caratteriali, inconsce pure loro, a loro volta mosse da elementi di cui mi riprometto di parlare nella prossima puntata, che ci spingono ad andare verso un certo destino. Uno dei tanti possibili per ognuno di noi. 

Mi spiego meglio. Se a livello inconscio desidero ardentemente una cosa, beh, l’inconscio è abbastanza forte da portare l’attenzione a tutti gli oggetti che mi ricordano – a livello cosciente – quella cosa che inconsciamente desidero. Per questo mi capita avanti agli occhi proprio il quadro che piace alla donna che segretamente amo. Oppure vedo spesso persone che le somigliano. O, ancora, sento proprio quella canzone che mi fa ricordare di lei. Ma cosa decide su quale quadro o persona debbano fermarsi i miei occhi e su quale canzone le mie orecchie? 

Forse è difficile rinunciare all'idea di una forza esterna e rassicurante che ci spinge verso quello a cui siamo destinati. Ma credo che l'idea che il nostro destino sia determinato da qualcosa che ci abita, che seppur non conosciamo bene fa pur sempre parte di noi, sia molto più autentica e anche più affascinante. E perchè no, altrettanto romantica.

Per ora mi fermo qui, ma ci sarebbe ancora altro da dire. Scriverò il resto nella seconda parte dell’articolo. 
Nel frattempo ricordo questa illuminante frase di Carl Gustav Jung: 

Rendi cosciente l’inconscio, altrimenti sarà l’inconscio a guidare la tua vita e tu lo chiamerai destino”.